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sabato 14 marzo 2009

Lettera ad un Professore che non potrà leggerla.

Al mio Professore di storia e filosofia dell’allora glorioso Liceo scientifico Federico Enriques di Livorno.
Caro Professore, sono passati molti decenni, ahimè, da quando imberbe studente del terzo anno cominciai a muovere i primi passi nel mondo della filosofia sotto la Sua guida.
Ingenuamente pensavo che sarà mai questa filosofia? Io conosco i teoremi di Pitagora, di Euclide, di Talete, con tutte le relative dimostrazioni, so risolvere problemi di algebra e geometria non saranno quattro chiacchere ad impensierirmi.
Ricordo perfettamente le prime due lezioni: Lei spiegò per due ore ed io, ma non solo io, non capii assolutamente le parole né tanto meno i concetti da Lei espressi.
Alla terza lezione cominciai ad avere dei seri dubbi sulle mie capacità intellettive.
Solo in seguito mi resi conto che Lei, volutamente, aveva adoperato un linguaggio difficile facendo scontrare la mia vergine mente con parole e concetti come metafisica, ontologia, gnoseologia, logica, per spronarmi al ragionamento, colpendomi nell’orgoglio e per farmi studiare.
La sfida era cominciata. Subii per tutto l’anno scolastico, ma alla fine riuscii a “vendicarmi” o meglio Lei riuscì nel Suo intento.
Devo riconoscere che non ero un soggetto facile, mi aveva insegnato bene Lei, se spiegava il cristianesimo io ero l’anticristo, se Lei spiegava Nietzsche io ero S. Paolo, se Lei spiegava Aristotele io ero Copernico.
Caro Professore, o meglio il Nostro come La chiamavamo noi studenti, scimmiottando il libro di testo, non siamo, una volta che una volta, riusciti a metterLa in difficoltà. Eppure avevo dei compagni di classe brillantissimi.
Qualunque domanda Le ponessimo puntuale arrivava la Sua più che esaustiva spiegazione ed anche una pronta controdomanda che ovviamente, il più delle volte, ci metteva in difficoltà.
Alla fine del quinto anno, qualcuno pensò di chiederLe se non avesse una qualche lacuna.
Ci pensò un attimo e poi ci disse, con aria seria e un po’ desolata, che sì, in effetti, una lacuna l’aveva. Un sogghigno beffardo aleggiò sui nostri volti, ma durò pochissimo la famosa lacuna era nientemeno sull’economia del subcontinente indiano fra il IV e il V secolo avanti Cristo.
Non ho mai saputo se avesse voluto prenderci in giro o meno, infatti cambiammo rapidamente argomento perché una Sua domanda sull’economia del III secolo avrebbe avuto effetti devastanti.
Ricordo, e come farei a non ricordalo, le Sue domande in preparazione della maturità, che noi studenti chiamavamo spazio-temporali: sì, illimitate nel tempo e nello spazio.(allora si portava il programma degli ultimi tre anni, cioè tutto).
Nelle interrogazioni la Sua domanda preferita era: la conoscenza dagli albori della filosofia fino a Croce e che non provassimo a sorvolare su qualche filosofo, perché una raffica di interrogativi ci avrebbe investito e travolto.
Se lo facesse oggi ci sarebbe una rivolta con tanto di manifestazione antimoratti, antiamericana con contorno di bandiere della pace e girotondi.
A proposito di politica, questa era l’argomento che più ci divideva: Lei cristiano e di sinistra, io di destra ed agnostico, Lei partigiano ed io profugo istriano.
Per me ogni occasione era buona per farle rimarcare come l’ Urss fossa più imperialista degli Usa.
A una Sua domanda su Kant, in maniera assolutamente provocatoria, esordii dicendo: Kant, il famoso filosofo russo nato a Kaliningrad… praticamente fu un suicidio.
Quella stessa sinistra, che Lei amava tanto, fu proprio quella che La tradì in ciò che di più caro aveva: il Suo ruolo di educatore, di Demiurgo delle nostre anime.
Quanto avrà rimpianto, negli anni del sessantotto la nostra classe: discepoli vivaci, ma rispettosi nessuno di noi si è mai sognato di darLe del tu o di apostrofarLa: ” Ehi prof.”!
Quella sinistra, che stava emergendo, non Le piaceva e la piega che aveva preso la scuola ancora meno.
E’ per questo che Lei rinunciò all’insegnamento e poco dopo scomparve ancor giovane?
I miei compagni di classe ed io non La dimenticheremo.
Addio, Professore, a Dio se Dio esiste.


nota: Kaliningrad è l'odierno nome di Königsberg città tedesca della Prussia orientale annessa alla russia sovietica,senza alcun motivo storico.
"La città venne pesantemente bombardata durante la
Seconda Guerra Mondiale, e totalmente rasa al suolo finché non venne conquistata dai soldati dell'Armata Rossa. I pochi abitanti tedeschi sopravvissuti furono espulsi in massa dalla città e sostituiti da popolazioni russe, e anche gli edifici storici superstiti come il castello dell'ordine teutonico vennero in seguito demoliti per fare posto ad edifici in stile sovietico in una sorta di damnatio memoriae di tutto ciò che era tedesco. Solo dopo la caduta del muro di Berlino l'ex cattedrale, con la tomba di Immanuel Kant, precedentemente in rovina, è stata restaurata e costituisce uno dei pochissimi edifici storici della città." (da Wikypedia)

Per me, proveniente dall'Istria era come un gemellaggio ed una grossa provocazione per i sx.





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