Marina di Pisa, una località un po’ particolare, molto in voga nell’ 800 e primi ‘900, è intrisa di ricordi poetici e storici .
Da Pisa ci si arriva percorrendo, lungo il fiume, il viale D’Annunzio, dopo pochi chilometri si giunge alla foce dell’Arno, citata da un non benevolo Dante, che da buon fiorentino era nemico dei pisani:
“….muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce
sì ch'elli annieghi in te ogne persona!...”
(inf.XXXIII)
Non è proprio la stessa foce di oggi perché, a quei tempi, era spostata più ad est, verso la città, ma il concetto è chiaro, anzi chiarissimo.
Qui nel 1860, Garibaldi fece scalo per imbarcare i volontari toscani che parteciparono alla Spedizione dei Mille ed in questo luogo è stato posto, a ricordo, un piccolo obelisco.
E così D’annunzio:
“O Marina di Pisa, quando folgora
il solleone!
Le lodolette cantan su le pratora
di San Rossore
e le cicale cantano su i platani
d'Arno a tenzone.
Come l'Estate porta l'oro in bocca,
l'Arno porta il silenzio alla sua foce. ….”
(Tenzone dall’Alcyone)
I primi versi del' Alcyone sono riportati su uno scoglio accanto alla terrazza che si affaccia sul mare e che prende il nome dal Poeta.
Seduti al tavolino di un piccolo bar, ubicato lì nei pressi, si possono intravedere le torri delle secche della Meloria, dove fu combattuta la famosa battaglia tra genovesi e pisani nel 1284.
Mi aggrada andare in questo bar, specie d’inverno e nei giorni feriali, lungi dalla calca estiva o domenicale, urlante e becera, che vede, in questo luogo, solo un posto dove fare il bagno e prendere la tintarella gratis.
I tavolini tutti vuoti finalmente! Così, nel tardo pomeriggio, pressoché solo, davanti ad una bibita e con un libro aperto, guardo il mare ed il tramonto con le sue luci cangianti e con i suoi colori inimmaginabili.
Il disco solare, scendendo verso l’illusoria linea dell’orizzonte, perde la sua forza abbagliante e, finalmente, lo possiamo ammirare in tutta la sua maestosità: il dio Atum Ra sta per tramontare.
Mi sento partecipe di questo quadro naturale, che solo pochi pittori riescono riprodurre, adeguatamente, su tela.
La mia parte irrazionale sta veleggiando verso siti di quiete interiore, quando la mia vocetta razionale, beffardamente, mi ricorda che, data la distanza terra sole e considerando la velocità della luce tu credi di vedere il sole, ma è già tramontato da otto minuti e trenta secondi circa. Mi automando a quel paese, ma ormai l’incantesimo è rotto.
Altri pensieri s’affacciano, io stavo guardando un’immagine, dietro l’immagine il nulla. Un insieme di fotoni immateriali, che viaggiando a una velocità pazzesca, s’infrangono sulla terra.
Stavo guardando il nulla ed il mio spirito gioiva nel guardarlo, ammiravo una falsa immagine!
Quante altre false immagini ci sono nella vita?
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